I panorami che circondano le città e le culture che vivono i Balcani sono vasti. La Storia e la multiculturalità hanno fatto sì che le tradizioni dei popoli si fondessero in modo da creare nuove forme di musica contaminata, sia grazie ad esperienze condivise e racconti, sia con l’utilizzo di strumenti a cui altri continenti come le Americhe danno diversi significati e valori. È questo il caso della fisarmonica che, ad esempio, nell’itinerario scelto rappresenta e con i suoi suoni tratteggia la vera identità delle persone.
Qui si è deciso di proporre un itinerario immaginario attraverso la storia della musica balcanica, tanto legata alle proprie origini quanto eclettica, estesa su ben diciotto Stati. Plurale di nascita lo deve essere dato che fin dall’inizio partendo da Sarajevo, capitale della Bosnia (ex Jugoslavia), ascoltiamo un paese il cui incrocio di culture (vi convivono bosniaci islamici, croati cattolici e serbi ortodossi) ha saputo dar vita ad un grande linguaggio comune.
La Bosnia, unita paradossalmente dagli scontri mondiali, trova la sua voce nel polistrumentista Goran Bregovic che insieme al regista e musicista Emir Kusturica firmò un lungo sodalizio. Nel 1988 uscì il film Il tempo dei gitani che valse a Kusturica il premio per la miglior regia al 42° Festival di Cannes. Dalla pellicola è estratto il brano Talijanska spesso reinterpretato alla fisarmonica come vi mostriamo:
Altro gruppo bosniaco che non si può non nominare è quello del collettivo di Sarajevo, i Dubioza Kolektiv. Nato nel 2004 vanta collaborazioni con i grandi del patchanka internazionale, da Manu Chao a Roy Paci, giusto per citarne alcuni. I testi delle canzoni sono spesso polemici e i ritmi velocissimi ricalcano il rock più duro e lo ska, passando sempre attraverso la tradizione che è affidata alla fisarmonica come in questo brano dove il rimando è minimo ma essenziale:
La musica parla alle persone e ai luoghi. Le parole arrivano alla mente, al ragionamento, mentre alcuni strumenti tra cui la fisarmonica e gli ottoni sono utilizzati per rappresentare l’identità della band, del musicista e più in generale del popolo.
Scendendo in Macedonia troviamo nella piccolo città di Kočani l’orchestra omonima formata da dieci elementi che propongono sonorità gipsy con inflessioni jazz. La particolarità dei suoi componenti è insita nel fatto che nessuno di loro ha studiato nelle accademie musicali: a tutti la comprensione e la passione per la musica è stata tramandata. Anche qui alla fisarmonica e agli ottoni il compito di delineare, insieme alla voce, il composto melodico:
Proseguendo per la Romania incontriamo i Taraf de Haïdouks, gruppo nato nel 1989 a Clejani uno dei quartieri più musicali del Paese. Conta dodici elementi stabili che, a seconda del concerto e della situazione, possono arrivare anche a trenta, dai 20 agli 80 anni senza alcuna distinzione. La cosa importante è fare musica valorizzando la cultura romena, ma anche turca e quella di tutte le popolazioni romanì originarie dell’India che nel tempo sono emigrate verso l’Europa. Nel 2011 hanno collaborato anche con la band macedone di Kočani. In questo tributo, addirittura con tre fisarmoniche, la band omaggia Clejani: nel video vediamo una ragazza scrivere a macchina, analogia potente di un codice che allo stesso modo vanta file di bottoni.
In Bulgaria, dove concludiamo il nostro breve viaggio di scoperta, incontriamo uno dei fisarmonicisti più importanti del Paese, Petar Ralchev. Avendovi presentato prevalentemente gruppi musicali, non potevamo non concludere con un solista che sa fondere al folk bulgaro le tradizioni serbe e romene. Abile nell’interpretare le danze pastorali francesi, vi lasciamo con un valzer musette:
La quotidianità ci mette di fronte a molteplici sfide e ci chiede spesso di affrontare, in questo momento da casa, stati d’animo quali l’incertezza, la tristezza, la rabbia. Il viaggio immaginario appena descritto voleva indagare la possibilità di movimento attraverso la mente. Anzi, ci riallacciamo alle parole pronunciate nel 1981 dalla Premio Nobel per la Letteratura Toni Morrison che durante un convegno a Washington ricordò quanto negli Stati Uniti gli schiavi avessero “vissuto privi di tutto, ma non senza la nostra musica, non senza la nostra arte” per seguitare a testa alta incontro al futuro.
Numerose sono poi le ricerche e gli studi che in campo terapeutico indagano gli effetti benefici della musica sulla regolazione dell’umore che, proprio nella situazione come quella che stiamo vivendo a causa dell’emergenza sanitaria, appare di grande utilità.
“L’incontro fra la musica e la psicoanalisi può offrire una nuova chiave di lettura della vita psichica del soggetto e delle sue dinamiche inconsce. Le teorie psicoanalitiche classiche presentano la musica come forma significante, in grado di evocare le più intense emozioni” si legge così sul sito della Società Psicoanalitica Italiana a proposito della possibile sovrapposizione tra musica ed emozioni.
Tutti noi in risposta a stimoli più o meno stressanti adottiamo risposte emotive che ci aiutino, in un determinato contesto, a superare quel momento. Per questo, con l’itinerario appena descritto nei Balcani musicali ci piacerebbe donarvi un po’ di serenità, consapevoli che spetterà sempre e solo a voi scegliere quale sia la musica più adatta.
Riferimenti:
Libro di Gianluca Grossi, “Guida alla musica dei Balcani e del Caucaso”, ed. Odoya 2016
Sito dell’Osservatorio Balcani & Caucaso di Trento https://www.balcanicaucaso.org/