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Articolo e foto a cura di Vincenzo Casertano e Giuseppe Inella

Apice

Le città fantasma in Italia oggi sono più di quelle che ci si potrebbe aspettare. Infatti, secondo l’ultima rilevazione ISTAT del 2014, dovrebbero essere circa un migliaio, ma se si va oltre le stime ufficiali il numero di codeste città sale vertiginosamente, aggirandosi intorno a 6000 centri del tutto abbandonati. Negli ultimi anni, la ricerca e l’esplorazione di questi borghi desolati ha coinvolto un numero sempre maggiore di curiosi, spinti dal desiderio di poter visitare luoghi dove il tempo si è fermato.

Apice

Chi non ha mai desiderato compiere un viaggio nel tempo? Anche noi ci siamo lasciati trasportare dall’idea di percorrere una strada a ritroso e di ripercorrere i passi di un ignoto precursore, osservando da vicino angoli e scorci un tempo animati. Non molto tempo addietro abbiamo visitato un borgo nel beneventano, in gran parte abbandonato il 21 agosto 1962, di nome Apice: estremamente suggestivo, è inserito nella “top ten” delle città fantasma più belle d’Italia. Apice è un comune italiano posto nella provincia di Benevento e in prossimità con quella di Avellino; come ci suggerisce lo storico e pubblicista beneventano Alfonso Meomartini, nella sua pubblicazione “I comuni della provincia di Benevento”, il toponimo deriverebbe o dal console romano Marco Apicio o dal popolo degli Opici, che anticamente erano stanziati in quelle zone. La città attualmente si divide tra Apice “vecchia” e Apice “nuova”; infatti, gli abitanti dopo il sisma del 1962 iniziarono ad abbandonare gradualmente la città per motivi di sicurezza, e abbandono che fu definitivo dopo quello del 1980. Apice fu lasciata sola verso un lento e inevitabile degrado. Numerose sono state le proposte di interventi per la riqualifica del sito: tra le più vicine ai giorni nostri, c’è quella del 2005, presentata a Roma, con il titolo “Una Pompei del ‘900 in provincia di Benevento”.

Apice

Entrando infatti nelle case e nelle botteghe, ci si rende conto come ad Apice il tempo si sia fermato, proprio come a Pompei. Osservando gli edifici dall’esterno nelle piazze abbandonate, vediamo come tutto si sia “cristallizzato”. Un occhio attento si ferma sui dettagli: le insegne dei negozi, l’antico sistema di illuminazione pubblica, le strade di ciottoli; c’è il negozio di alimentari con la tabella disegnata a mano e l’antica macelleria dove sono ancora visibili i ganci su cui andava appesa la carne messa in vendita; il bar del centro presenta il bancone ancora intatto e sulle mensole c’è qualche bottiglia di liquore ormai in frantumi; la “Vetreria” ha il tavolo da lavoro occupato da una porta “in lavorazione” mentre gli arnesi dell’epoca sono stati depredati da qualche sciacallo. Se ci si inoltra in alcuni vicoli si possono trovare autovetture degli anni sessanta bloccate dalle cadute di tramezzi e calcinacci, attanagliate da arbusti e altri tipi di vegetazione; alcune abitazioni, probabilmente di persone benestanti, presentano ancora affreschi a parete e degli stucchi che decorano gli ambienti domestici; si possono trovare nelle abitazioni più modeste anche le vecchie cucine a legna, quasi una rarità ai nostri tempi. Con un po’ di immaginazione la gente si riversa nelle strade, i bambini giocano nella piazza gremita e il postino imbuca una lettera. Si sente l’aroma del pane appena sfornato mentre la signora al secondo piano del palazzo di fronte spalanca la finestra per far arieggiare la stanza. Da una porta si intravede un’anziana ai fornelli, mentre il marito sfoglia il giornale; un ragazzino inciampa e la mamma lo tira su rimproverandolo.

Apice

Ricomincia una nuova giornata, ricominciano i pensieri e le commissioni, e per qualche istante il passato si riversa magicamente nel presente fino a fondersi.

Scrutare questo remoto passato prossimo è seducente, senza dubbio un’esperienza che oserei definire mistica, tanto è vero che questo luogo abbandonato diventa spesso meta di gente come noi, appassionati di storia e di fotografia, pronti a riportare alla luce qualcosa che a gran voce chiede di essere scoperto e a immortalare qualcosa che il tempo e la natura hanno già cristallizzato. Nel 2016, grazie a finanziamenti privati, una parte della città vecchia nella quale si trova il Castello normanno (che è stata residenza di tanto celebri personaggi come Federico II di Svevia e Manfredi) è stata restaurata e riaperta al pubblico. Il nostro augurio è che tutta la città di Apice “vecchia” possa subire opere di riqualificazione e venire resa disponibile alla fruizione turistica e riviverne il passato.

Apice

Foto di Vincenzo Casertano e Giuseppe Inella

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