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A pochi passi da casa ho scoperto un paesaggio unico al mondo, dove l’uomo si è messo di impegno e ha fatto tutto il possibile per rovinarlo. Eppure quel paesaggio è lì e aspetta solo di essere rivalutato.
All’inizio del Novecento, Torre Annunziata, uno dei centri più abitati della costa tra Napoli e Sorrento, la Campania Felix dei Romani, era famosa per la pasta; lungo i marciapiedi del centro sfilavano gli asciugatoi dove la pasta era stesa ad asciugare al sole. Prima che diventasse famosa Gragnano, Torre Annunziata era la vera capitale della pasta e da qui il prodotto era esportato ovunque, ma questa è un’altra storia di come l’uomo riesca, mettendosi di impegno, a rovinare il proprio patrimonio, e la racconterò, se lo vorrete, un’altra volta.

Oggi voglio andare allo scoglio di Rovigliano, là dove gli antichi raccontano che Ercole, di ritorno dall’isola di Erizia, in Spagna, dove rubò i buoi al pastore Gerione compiendo la decima delle sue fatiche, staccò la punta del monte Faito -chissà perché?- e la scagliò nel mare antistante formando l’isolotto che sorge nei pressi della foce del Sarno, di fronte all’antica Stabia. Racconta Plinio il Vecchio che i pesci di questo mare sono così voraci (e furbi) da divorare l’esca senza abboccare all’amo, e Plinio di questi luoghi se ne intendeva, dato che veniva qui spesso a trovare la sua amica Rectina; proprio da queste parti il naturalista trovò la morte quando guidò la flotta del Miseno a soccorrere le vittime dell’eruzione del 79 d.C.

Da allora lo scoglio prese il nome di Pietra di Plinio e solo più tardi, attestato dal XII secolo, assunse quello di Rovigliano. Perché Rovigliano?Come sempre quando la storia si intreccia e si mescola, ci sono tante ipotesi: dalla gens Robilia? dal console Rubelio? Più prosaicamente, forse, dalla Robiglia, un pisello nero non molto buono da mangiare ma che, secondo il trattatista Pietro de’Crescenzi, se dato come cibo ai colombi li stimolerebbe a figliare… Colombi e piccioni ce ne sono parecchi da quelle parti, ma del falso pisello o cicerchia non ho alcuna prova.Che sullo scoglio fosse edificato un tempio dedicato proprio a Ercole è un’ipotesi plausibile, anche se scavi non ne sono mai stati fatti ma resta traccia di una parete in opus reticolatum. Oggi l’isolotto, che si staglia tra le onde a mezzo chilometro dalla spiaggia, è dominato dai resti di una fortezza con una possente torre che occupa quasi tutto lo scoglio e fu costruita nel XVI secolo a difesa dalle incursioni dei pirati saraceni, sulle spoglie di un monastero e di una chiesa. Passato al demanio nel 1861, negli anni Trenta il torrese Antonio Brigante cercò di trasformare la fortezza in ristorante con albergo ma senza alcun successo e così il luogo tornò ad essere abbandonato al suo destino tra le onde e a costituire quel paesaggio struggente che colpisce chi arrivi sulla spiaggia.

Quella di fronte a Rovigliano è una spiaggia di finissima sabbia nera che da Castellammare si estende fino a Torre del Greco, molto ampia e da far invidia alle spiagge del Cilento; la percorri dalla strada e hai negli occhi un panorama mozzafiato e struggente, con lo scoglio lì di fronte, in mezzo al mare azzurro, con Procida, Ischia e Capri sullo sfondo, con Punta Campanella a sinistra e il Capo Miseno all’opposto… basta non guardarsi indietro, però, ed essere distratti dallo scoglio attraversando la spiaggia… Il degrado di questi luoghi è incredibile e ci si domanda come sia stato possibile creare tanta bruttezza alle spalle di tanta bellezza: gli scheletri dei capannoni dell’area industriale dismessa arrivano ad invadere la spiaggia, testimoni di un’idea di sviluppo scellerata e fallimentare del secondo dopoguerra; la memoria di un’acquafan costruito chissà quando e ormai avvolto dai rovi; le architetture del Villaggio del Fanciullo, come le case che sorgono nei pressi, ormai bisognose di una robusta manutenzione… attenzione, perché il degrado chiama degrado e i pochi pescatori sugli scogli si fanno largo tra una vera e propria discarica a cielo aperto lasciata dalle mareggiate e dai pochi bagnanti che si avventurano tra le acque che seguono i periodi di scarico del Sarno, qui a poche centinaia di metri: l’acqua è azzurra in alcuni periodi dell’anno, ma in altri è rossa e di mille colori, specchio dei metalli pesanti che vengono riversati in mare… E’ un paesaggio unico al mondo, eppure è lasciato al completo abbandono e la fortezza di Rovigliano guarda dall’alto lo spettacolo dell’uomo che è riuscito a rovinare quanto di bello la natura e la storia avevano prodotto.

Sono ottimista, però, perché la gente di queste parti è piena di risorse e le idee non mancano e forse partirà proprio da loro, dalle donne, dagli uomini e dai bambini che vivono qui, una rinascita di Rovigliano. Questo succederà quando il lamento lascerà il posto al fare e ciascuno comincerà a vivere questa terra come la propria casa e, con orgoglio, comincerà a renderla di nuovo Campania Felix.

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