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Le grandi città danno sempre la possibilità di fare una bella scorpacciata di arte e mostre. Durante il nostro soggiorno a Torino ne abbiamo infatti approfittato per visitare i monumenti e i musei più importanti della città e tra la vasta scelta di mostre abbiamo optato per quella su Antoon Van Dyck ai Musei Reali.

l miglior allievo di Rubens e uno dei più grandi artisti del Seicento europeo, nacque ad Anversa nel 1599 e morì a Londra nel 1641 e fu in grado di rivoluzionare l’arte del ritratto del XVII secolo. Personaggio di fama internazionale, amato dalle più importanti corti europee, uomo dai modi raffinati, Van Dyck girò l’Europa entrando nelle grazie degli aristocratici genovesi, dei Savoia, dell’arciduchessa Isabella, di Giacomo I e addirittura di Carlo I d’Inghilterra.

La mostra “Van Dyck. Pittore di Corte” si dispiega in un percorso espositivo organizzato in quattro sezioni, 45 tele e 21 incisioni in cui i curatori hanno cercato di far emergere al meglio l’esclusivo rapporto che l’artista ebbe con le più importanti influenze politiche del suo secolo. Le sue opere offrono al visitatore l’opportunità di visionare opere uniche per qualità formale ed esecutiva, eleganza e dovizia di particolari, soddisfacendo il gusto e le bizzarrie delle corti italiane ed europee. In Italia, dove Van Dyck soggiornò dal 1621 al 1627, avviò i contatti con l’aristocrazia genovese, i sovrani torinesi e i duchi di Firenze e in giro per le numerose città italiane poté approfondire lo studio dell’arte italiana, in particolare quella veneta, ed ebbe modo di specializzarsi nella tecnica della ritrattistica. Prendendo spunto dai modelli di Tiziano e man mano rispondendo alle diverse esigenze della committenza, realizzò opere di straordinaria perfezione come la Marchesa Elena Grimaldi Cattaneo, il Cardinale Guido Bentivoglio, Emanuele Filiberto Principe di Savoia , Il principe Tomaso di Savoia Carignano per citarne alcuni. Molto apprezzata la naturalezza e la spontaneità dei gesti, la cura nella resa di sete e materiali preziosi come i merletti ma anche le pennellate precise e vivide che creano luminosità e vibrazione, suscitando un fascino senza tempo.

I temi del mito sono affrontati in una sezione appositamente dedicata, le cui vicende erano particolarmente in voga nell’iconografia del tempo, come Giove e Antiope, Amarilli e Mirtillo, Vertumno e Pomona e Venere nella fucina di Vulcano. Dopo il periodo italiano, l’artista fece ritorno ad Anversa dove divenne pittore di corte dell’arciduchessa Isabella Clara Eugenia, sostituendo il suo maestro Rubens. Notevole fu la quantità di ritratti che Van Dyck realizzò per illustri personaggi dell’ambiente vicino ad Isabella. Molti dipinti ed incisioni furono raccolte nel volume Iconographia di cui in mostra è possibile ammirarne ben 13 esemplari provenienti dall’Istituto Centrale della Grafica, accanto ad 8 incisioni provenienti da collezione privata.

L’ultima sezione è dedicata al periodo presso la corte inglese di Carlo I. Nel 1632 Van Dyck si trasferì a Londra dove rimase fino alla morte prematura nel 1641. Fu presso questa corte che il pittore raggiunse la sua massima fama. Numerosissimi furono i ritratti realizzati per il re, la regina e per i figli ( due sono le versioni de I tre figli maggiori di Carlo I che sono esposte) e per i numerosi personaggi che gravitavano attorno ai reali. L’immagine che traspare è quella di una corte serena, fastosa, con personaggi eleganti e raffinati e sontuosamente abbigliati, un mondo fatto di lord e ladies dove poco si coglie delle difficoltà politiche che invece attraversava l’Inghilterra di re Carlo I.

Foto di Daniele Bottallo per Arthemisia  

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