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Lecce tra leggenda e goliardia: breve storia di una finestra “oscena”

Articolo a cura di Gianluca Colazzo e Mariano Rizzo

Nei pressi della controversa finestra a Lecce. Foto di Mariano Rizzo

Il centro storico di Lecce è una miniera di sorprese e suggestioni: il bianco accecante del barocco dà vita a giochi di luce e ombra, volti e creature arcane emergono dalla pietra, le strette vie si intersecano tra loro in un labirintico gomitolo. Fino a qualche anno fa questi tesori erano quasi del tutto nascosti: la presenza turistica a Lecce era ridotta ai pochi amanti dell’arte, alle scolaresche in gita, tutt’al più agli indefessi cacciatori di mete alternative; non era certo consueto trovare in giro per la città grandi comitive di turisti provenienti da varie parti del mondo, cosa che invece oggi accade quotidianamente.

Piazza Duomo a Lecce. Foto di Mariano Rizzo

Ecco dunque gruppi di inglesi e tedeschi le cui celtiche pelli si arrossano e soffrono sotto il sole salentino, o asiatici con macchina fotografica d’ordinanza al seguito di guide con i soliti ombrellini multicolore che li conducono in giro per la città cercando di mostrar loro non solo i monumenti più importanti, ma anche qualche angolino segreto, o che almeno così appaia; per questo non bisogna stupirsi se in via Palmieri, a pochi passi dalla stupefacente piazza Duomo, ci si imbatte in una scena peculiare: i turisti rivolgono lo sguardo verso un modesto palazzotto ottocentesco dandosi di gomito e ridacchiando maliziosi. Osservando il punto verso cui convergono le loro attenzioni si scopre l’oggetto di tanta ilarità: sul prospetto del palazzo si apre una finestra rettangolare, adornata da una grata in ferro battuto dalla forma decisamente oscena.

In passato questa finestra “a luci rosse” faceva parte dei tesori nascosti di cui sopra: sebbene si trovasse in una via ad alto grado di percorribilità, era facile passarci davanti senza nemmeno notarla. Da qualche anno, complice il boom turistico e la necessità di tener viva l’attenzione dei visitatori, è diventata invece uno dei punti più visitati e fotografati di Lecce; perfino Luciana Littizzetto ne ha mostrato un’immagine nel corso di una trasmissione televisiva.

Ovviamente tale attenzione mediatica non poteva non comportare la fioritura di leggende e aneddoti: si narra che il palazzo fosse in origine una casa di tolleranza, e che dunque la forma allusiva della grata servisse ad attirare i clienti; altre versioni della stessa leggenda suggeriscono che specularmente a essa ve ne fosse una seconda avente l’aspetto del corrispettivo femminile, andata perduta in seguito all’entrata in vigore della legge Merlin. Sembra che perfino il poeta Vittorio Bodini abbia citato la grata oscena in un suo componimento.

Lecce finestra penestra

Foto di Mariano Rizzo

Questa fama, tuttavia, ha finito per causare numerosi problemi: il palazzo in questione è infatti privato, e i proprietari non hanno gradito tutta questa controversa pubblicità; nel 2015 hanno perfino provveduto a rimuovere la grata e sostituirla con un’altra dalla forma ben più anonima, salvo poi ripristinarla in un secondo momento. Tuttavia le vicissitudini della finestra sono ben lungi dall’essere terminate.

Lecce finestra penestra

La finestra oggi. Foto di Mariano Rizzo

Nel 2019 Antonio Delle Palme ha dato alle stampe Luce sulla grata, un breve saggio in cui, grazie a una puntuale ricostruzione documentaria e al paragone con altri esemplari simili, sfata l’ipotesi della casa di tolleranza: il palazzo sarebbe sempre appartenuto a personaggi rispettabili, e uno di essi, Antonio Panzera, è stato perfino sindaco di Lecce, tanto stimato che gli è stata dedicata la piazzetta su cui affaccia l’edificio. Inoltre il peculiare disegno della grata sarebbe uno stilema Liberty riscontrabile in numerosi punti della città, tra cui la facciata di diverse chiese, nonché tra i decori di molti altri palazzi nel mondo; la sua forma apparirebbe oscena per pareidolia o, più prosaicamente, per la malizia di chi guarda.

L’indagine di Delle Palme sembra tutto sommato ben condotta e, sebbene talvolta il dato storico/artistico sia stato interpretato fin troppo chiaramente a suffragio della tesi, il risultato cui giunge è del tutto verosimile; tuttavia autore e proprietari hanno messo in atto un discutibile espediente per scoraggiare le fotografie e al contempo pubblicizzare il testo: la finestra appare oggi invasa da adesivi e volantini secondo i quali la leggenda della casa di tolleranza non è reale e invitano a cercare la verità nel libro di Delle Palme. La scandalosa forma della grata è ormai quasi del tutto invisibile, occultata com’è da tutte quelle carte.

Chiariamolo subito: i proprietari del palazzo hanno tutto il diritto di porre un freno alle attenzioni dei visitatori, se non le desiderano; allo stesso modo il Delle Palme può e deve promuovere un libro al quale ha lavorato per lungo tempo e con la necessaria acribia. Il problema, però, sta nel metodo scelto per raggiungere entrambi gli scopi, per colpa del quale Lecce viene privata di un tassello di fascino piccolo ma fondamentale.

La Basilica di Santa Croce a Lecce. Foto di Mariano Rizzo

Molti sono, a Lecce, i luoghi ammantati di un’aura ambigua: tra i sontuosi decori della facciata di Santa Croce, per esempio, si scorgerebbero dei volti demoniaci; l’edificio in cui si colloca oggi il piccolo ma stupendo Museo Faggiano sarebbe appartenuto ai Templari, che vi avrebbero lasciato simboli esoterici e perfino un fantasma; Palazzo Taurino, costruito sui resti di un’antica sinagoga, sarebbe stato teatro di sanguinosi misfatti perpetrati dagli ebrei che fino al XVI secolo vivevano in città.

Oggi sappiamo che la realtà dei fatti è ben diversa, e che questi racconti sono dovuti in massima parte a suggestioni popolari stratificatesi col passare dei secoli; cionondimeno le guide continuano a narrarle avendo però cura di esporne la confutazione, soprattutto quando, come nel caso di Palazzo Taurino, possono essere perniciose. “La verità della storia è altra cosa rispetto alla verità della leggenda” diceva Victor Hugo, e a far la differenza è la consapevolezza che il confine tra le due, per quanto sfumato e indefinito, c’è sempre. Questo sarebbe pertanto il compromesso: anziché impedire la vista della finestra, si potrebbe raccontare ai visitatori tanto la leggenda quanto la realtà, e lasciar loro la possibilità di discriminare tra le due.

Anche perché, come spesso accade, l’occultamento della finestra non ha avuto come esito una diminuzione delle attenzioni, anzi: i gruppi di turisti continuano a sostare in piazzetta Panzera e a fotografare la grata, magari un po’ delusi nel trovarla così nascosta ma pronti a risolvere il problema con Photoshop, una volta a casa. Quasi a voler confermare che tanto più una cosa è nascosta, maggior interesse essa desta.

 

 

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