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La peace revolution di Obey al Teatro Margherita di Bari

 

Cos’è

La temporanea Obey: peace revolution raccoglie nel Teatro Margherita di Bari dal 25 giugno al 28 agosto 2022 serigrafie, litografie e stampe dell’artista americano Stephard Fairey, autonominatosi Obey dal 1989. (nome d’arte nato da un particolare aneddoto).

Obey

Cosa ci aspettiamo

Se siamo già stati al Teatro Margherita a vedere la precedente mostra su Banksy, inaugurata il 9 aprile e chiusa il 12 giugno al netto di circa 33 mila visite, appena scorgiamo il faccione che sovrasta la facciata del teatro ci sembra tutto chiaro: pensiamo a una mostra simile, un artista contemporaneo sulla stessa scia, forse un prosecutore, un imitatore, uno scimmiottatore.

Obey Bari

Obey, bomboletta spray. Foto di Michele Mongelli

Cosa vedremo

Fondamentalmente un po’ ci sbagliamo e un po’ abbiamo ragione. E questo ci rassicura perché non vorremmo vedere proprio la stessa cosa, ma siamo anche contenti di apprezzare qualcosa che si aggancia ad immagini e stili che abbiamo già interiorizzato.

Nel percorso espositivo, ben curato da numerosi pannelli didascalici a cura di Gianluca Marziani e Stefano Antonelli, incontreremo svariate opere di diversi materiali (stampe su carta, su lattine, cartoline, tecniche miste) attraverso cui Obey ha commentato, mostrato e narrato la società del nord America degli ultimi trent’anni. Tema unico: la pace, che si può raggiungere solo col superamento dei pregiudizi etnici, di genere, culturali. Obey tenta di essere onnipervasivo: anche quando pensiamo che un tema sia assente, lo ritroviamo nel corridoio successivo. Manifesti sulla sostenibilità ambientale scorrono accanto a litografie sugli attentati di Parigi nel 2015, a ideali ritratti di infermiere in prima linea durante la prima fase della pandemia e tanto altro. Quando leggiamo le parole dei curatori, «Si ricrea nel museo una ideale passeggiata nella notte metropolitana… una conversazione urbana tra messaggi militanti» iniziamo a cogliere il senso dell’itinerario artistico di Obey, che non ci vuole frastornare, ma solo far riflettere insieme a lui sul mondo attuale.

Poi, quando verso la fine dell’esposizione avvistiamo dietro un angolo un po’ appartato il ritratto di Barack Obama con l’indimenticabile scritta HOPE, tutto ci appare un po’ più chiaro. Su chi sia Obey, su che tipo di mondo spera si possa costruire.

Obey, Barack Obama

 

Perché andarci

Assistiamo in quest’oretta abbondante (anche un’ora e mezza) ad una speranza di rivoluzione dolce e pacata che emana una luce diversa rispetto alle opere di Banksy, talvolta più disturbanti e apparentemente più cariche di denuncia. Una peace revolution pacifica davvero, che fa di tutto per non spaccare gli spettatori in favorevoli o contrari, ma semplicemente di sostenere il valore di quei temi.

Obey porta messaggi che è quasi naturale condividere, tanto che l’interrogativo che nasce alla fine del percorso è: che strano mondo un mondo in cui c’è ancora bisogno di Obey, un mondo in cui i suoi messaggi abbiano ancora la necessità di essere portati avanti e non siano ormai dati per assodati. Chi può pensare che il razzismo sia ancora giusto? E poi ti dici «evidentemente qualcuno c’è ancora».

A gusto del recensore

Alla fine del primo corridoio, mi fermo a guardare per un bel po’ delle piccole cartoline. Non sono tra le grandi opere esibite, ma mi cattura la loro semplicità ben rappresentata anche dai chiari colori pastello. Sì, capisco di essere stato catturato esattamente da ciò che l’artista ha inserito per catturarmi, una grafica semplice e accattivante, ma mi sta bene. E scopro dietro i ritratti stampati sulle cartoline i volti di attivisti per i diritti umani in USA: Amanda Gorman, rappresentante degli attivisti contro l’esclusione di genere e razziale, Lindz Amer, attivista queer, Lydia X. Z. Brown, attivista per i diritti dei disabili, Isra Chaker, attivista per i diritti dei rifugiati. E penso che è una bella scoperta, vedere ‘negli occhi’ persone che stanno dedicando la vita a valori in cui credo anch’io, e m’illudo che Obey voglia dirmi «ehi guarda, diamoci un po’ di fiducia, perché ovunque, nel mondo, ci sono persone che ci credono davvero nell’uguaglianza».

Ove non indicato diversamente, si ringraziano gli Uffici Stampa Comune di Bari e MetaMorfosi Eventi per le foto sulla temporanea di Obey: Peace Revolution al Teatro Margherita di Bari.

OBEY PEACE REVOLUTION

25 giugno 28 agosto 2022

TEATRO MARGHERITA

BARI

orari di apertura:

dom – giov: dalle 17:00 alle 22:00

ven e sab: dalle 17:00 alle 23:00

costo dei biglietti:

intero: 5 euro

ridotto (per Over 65, giovani dai 6 ai 25 anni, universitari): 3 euro

Gratuito per:

bambini: fino ai 6 anni non compiuti;

insegnanti: solo in qualità di accompagnatori di gruppi scolastici;

portatori di handicap e un loro familiare o altro accompagnatore che dimostri la propria appartenenza a servizi di assistenza socio-sanitaria

guide turistiche: solo nell’esercizio della propria attività professionale, mediante l’esibizione di valida licenza rilasciata dalla competente autorità

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