Istanbul è la città che al mondo è stata più a lungo capitale di un impero: per 1100 anni capitale dell’impero bizantino e per 400 anni capitale dell’impero ottomano. In realtà, quale capitale di impero dovremmo chiamarla Costantinopoli o, semplicemente, la Città. La Turchia moderna, dalla fine degli anni Venti ha ripreso la denominazione ottomana della parte di città all’interno delle mura e la chiama Istànbul, da allora la chiamiamo tutti così.
Arrivi a Istanbul e appena raggiungi la parte storica senti l’aroma della storia che si è depositato sulle sue strade, che ha permeato di sé le pietre e gli uomini, che vola come un gabbiano sui suoi quartieri, sul Bosforo e sul Corno d’Oro. Istanbul è città di terra e di mare, è città bivalente per eccellenza perché è l’unione di due continenti e di due mondi fatta attraverso due mari; un lembo di Europa che guarda l’Asia e che per millenni, dalla punta estrema di quel lembo circondato dal mare, dai mari, la ha dominata e governata. Se arrivi dal Bosforo, dove si incontrano le acque del Mar Mediterraneo con quelle del Mar Nero, vedi la penisola ricoperta di verde che si tuffa nel mare.
Su quella penisola Costantino volle il suo gigantesco palazzo imperiale sul modello del Palatino romano e lui e i suoi successori replicarono i simboli della grandezza del potere di Roma con la cappella palatina modellata sul Pantheon (Santa Sofia) e con l’ippodromo ispirato al Circo Massimo; su quella penisola, occupando la parte più prossima al mare del Palazzo già in parte abbandonato dagli imperatori bizantini, i sultani ottomani costruirono il proprio centro di comando, il Topkapi, un accampamento nomade pietrificato fatto di padiglioni e di cortili, di porte e di divani, di giardini e di acqua, da dove uniranno in un impero vastissimo popoli e culture, religioni e tradizioni, arti e storie, terre e mari e continenti: la storia della nostra civiltà concentrata in una città.
La Città, Costantinopoli, era in questa propaggine d’Europa, cinta dal mare su tre lati e sul quarto da una cortina di mura e torri che racchiudevano uno spazio vastissimo tanto che solo nel Novecento sarà valicato dall’espansione urbana. Nel frattempo, però, già secoli prima e al di là del Corno d’Oro era nata una seconda città senza mura, una città del commercio e dei traffici fondata dai genovesi, con al suo centro, sulla collina, il quartiere di Galata. La città “al di là” che in greco si dice Pera e Pera è il nome che prenderà questa seconda città che diventerà anche la città dei Veneziani e dei Franchi, cioè degli europei.
Qui sorgeranno tutte le sedi diplomatiche europee e in turco, a testimonianza dello stretto rapporto tra Venezia e l’impero, la città sarà sempre chiamata Beyoglu, “figlio del Signore”, in ricordo, a quanto pare, del figlio illegittimo di Andrea Gritti, Bailo di Costantinopoli, vale a dire ambasciatore di Venezia presso la Sublime Porta sotto il sultano Bayezid II, alla fine del Quattrocento. La strada principale di Beyoglu è l’Istiklal Caddesi, l’antica via di Pera e in mezzo alla strada pedonale corre il bellissimo tram storico che collega piazza Taksim al Tunel, la cremagliera che conduce al mare sotto le case di Galata.
Qui sorgono le ambasciate straniere (ora sono consolati perché Ataturk volle spostare la capitale della Repubblica di Turchia da Istanbul ad Ankara, nel centro dell’Anatolia) e le architetture sono quelle del tardo Ottocento e primo Novecento europeo: palazzi eclettici e art nouveau disegnati da architetti francesi, greci e italiani e senti di essere in una strada commerciale elegantissima di una capitale europea. Trovi Agatha Christie in vacanza con Max Mallowan al Pera Palace, trovi casa Botter di Raimondo d’Aronco con le sue raffinatissime forme liberty e floreali, trovi la pompa del Liceo Galatasaray, il più prestigioso centro di formazione della gioventù turca, immerso in un grande giardino e protetto da una cancellata monumentale dorata, e trovi il Cicek Pasaj, la deliziosa galleria coperta inaugurata nel 1876 che ospitava il mercato dei fiori (in turco Cicek) e che oggi ti accoglie con raffinati ristoranti, come il Sevinç dove i camerieri ti accolgono chiamandoti Eccellenza e che hanno alle spalle un piccolo e suggestivo mercato del pesce; trovi anche la basilica cristiana di Sant’Antonio di Padova, la più grande chiesa di Istanbul e, in una piccola traversa cieca uno dei più antichi circoli operai socialisti visitato da Garibaldi.
Dalla parte opposta, le vie che scendono dalla collina dietro il centro culturale della Fondazione Yapi Kredi, attivissima galleria e museo d’arte della fondazione bancaria, ti fanno scoprire il Kafe Ara (Tomtom mahallesi), il caffé ristorantino aperto dal fotografo Ara Guler e, ancora scendendo lungo la Tomtom il Goethe Institut e la fornitissima libreria archeologica Homer Kitabevi. Ai piani alti degli edifici, come in quello che ospita la sede del Goethe, si scopre la Istanbul notturna perché i terrazzi degli edifici ospitano alcuni music bar spettacolari con le terrazze affacciate sul Bosforo.
Non bisogna avere mete a Istanbul ma solo tanto tempo per camminare e scoprire mondi nuovi e fantastici. Capita, mentre passeggi sull’Istiklal, di essere travolto dai tifosi che festeggiano la vittoria del Galatasaray o del Besiktas, le squadre che hanno sede e stadio poco distante, e allora cosa di meglio che farsi attrarre dalle fantasmagoriche vetrine dei negozi di dolci? I lukum sono quelli più tipici e da non perdere se fatti artigianalmente come li si può trovare nella pasticceria storica di Hadji Bekir che dal 1777 è sull’Hamidiye Caddesi, dall’altra parte della città; vere delizie turche, i lukum sono gelatine fatte con un impasto di amido di mais e zucchero aromatizzato -ormai l’impasto originario con miele e melassa è rarissimo da trovare- e impastate con pistacchi o mandorle o nocciole o cocco o anche acqua di rosa.
Deliziose e coloratissime a formare vere e proprie montagne profumatissime; ma le vetrine di dolci non si limitano a quelli e le coloratissime montagne di diabete comprendono decine e decine di altre delizie tutte da assaggiare. Se poi si vuole scansare un altro po’ la folla dell’Istiklal e bearsi la vista con le dee dell’Art Nouveau si può entrare nell’antica patisserie Markiz, al n° 360-362 e scoprire le pareti rivestite di maioliche dipinte da J.A. Arnoux; dei quattro pannelli delle stagioni, fatte produrre in Francia, ne arrivarono solo due intatte, la Primavera e l’Autunno, e dal 1920 ornano la sala dell’attuale Cafè Markiz.
Va bene, armiamoci di coraggio e torniamo tra la folla… a proposito, l’Istiklal è affollatissima a qualunque ora del giorno e della notte. Troppa gente, e allora possiamo scegliere di riprendere la Tomtom per raggiungere, su Firazhaga, un museo delizioso e che può apprezzare appieno solo chi abbia letto almeno un libro del Premio Nobel Orhan Pamuk: è il Museo dell’Innocenza. https://masumiyetmuzesi.myshopio.com/
Un museo letterario tutto da scoprire e che vi invoglierà a cercare un libro di Pamuk e correre a leggerlo… Vi lascio tranquilli a visitare il museo e intanto io mi godo la brezza primaverile sulle sedioline di legno di un çay bahcesi, il giardino da the dove mi delizierò con un fantastico the turco. Ah, sappiate che il çay è un vero state of mind… ma di questo ne parleremo la prossima volta. Iyi Geceler! Buona sera da Istanbul!